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IL DECIMO COMANDAMENTO

  • Immagine del redattore: Dudau Ioan
    Dudau Ioan
  • 3 mag 2014
  • Tempo di lettura: 1 min

Non desiderare la casa, la donna e la roba d’altri Disturba l’accostamento della donna ai beni posseduti dall’uomo, quasi come se anch’essa facesse parte delle sue proprietà. Il comandamento invece sottolinea l’aspetto deleterio del verbo «desiderare», che ovviamente non corrisponde al semplice «volere» o «auspicare», ma prevede tutte quelle macchinazioni messe in atto per impossessarsi di cose o persone che non ci appartengono. Con un chiodo fisso nella mente, una sorta di malattia dell’essere, la concupiscenza trasforma la persona in un individuo incapace di donarsi, egoista, vile, smanioso di accaparrare sempre di più. Questa tremenda avidità genera avvoltoi rapaci in preda alla continua estasi del possesso. Shakespeare in un sonetto ha illustrato il lato oscuro delle pulsioni soddisfatte: «Nel desiderio, beatitudine; sciagura a prova fatta. Un sorridente sogno, prima; una chimera dopo…». In fondo alle dieci parole troviamo il comandamento più difficile e inattuale. La rinuncia alla bramosia, da autentica occasione per riscattarsi dal proprio egocentrismo, purtroppo, diventa anche la parola più inascoltata.

 
 
 

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